Viva la felicità Parola di Diavolo….”Salemme a Firenze”

Viva la felicità Parola di Diavolo
Salemme incanta il Verdi di Firenze
di Simona Bellocci

Quando tutto va a rotoli chi non vorrebbe una seconda possibilità? Chi non vorrebbe rinascere e ricominciare una nuova vita? Certo, ma ci vuole coraggio. Per essere felici e cambiare ci vuole coraggio. E’ un po’ quello che dice il “Diavolo Custode” di Vincenzo Salemme al Cavaliere Gustavo Gambardella, proprietario del Bar “Il Vespasiano”, un uomo con tanti debiti, con le banche che gli stanno alle costole, a succhiargli il poco sangue che gli è rimasto, i sogni che ormai si centellinano. Un uomo con una moglie che non lo ama più e lo tradisce, con una figlia viziata, un fratello sacerdote che di scherzi da prete gliene tira parecchi. Un uomo onesto, che non sa essere felice. Che non ci prova nemmeno.

Così Salemme, alla terza data consecutiva al Verdi di Firenze – in un teatro gremito e divertito – porta in scena la sua fortunatissima commedia nella quale indaga l’animo umano e una società vittima di se stessa, vigliacca e impaurita, attraverso la verve e la simpatia tutta napoletana, unita a quegli attimi di riflessione che non mancano mai nei suoi spettacoli. Sul palco una scenografia essenziale, tre quinte a sinistra, tre quinte a destra, un fondale. Quattro sedie, due tavolini. Non serve altro perché i mattatori sono gli attori da Nicola Acunzo fino a Domenico Aria, Floriana De Martino e Andrea Di Maria – tutti magistralmente bravi –  guidati da capitan Salemme angelo e diavolo insieme.

E  allora chi non si sente un po’ come il Cavaliere Gustavo Gambardella? Onesto e deluso da una vita sfortunata vorrebbe cambiarla. Ma aspetta sempre domani per prendere una decisione. Prende tempo. E qui Salemme apre una parentesi, ricordandoci quanto ognuno di noi si ritiene vittima del tempo. Il tempo che corre. Noi che corriamo perchè il tempo è poco. O semplicemente usiamo il tempo come scusa, per aspettare che le cose si risolvano da sole. Un giorno, un mese, sempre.

Ma dove correte? – dice Salemme rivolgendosi al pubblico – in una commedia che diventa improvvisamente show. “Io sono nato in un paesino alle porte di Napoli. A Bacoli. E qui, pensate, che il sabato era un piacere anche fare la fila per andare dal barbiere. Nessuno si lamentava. Si facevano due chiacchiere, aspettando la domenica. Oggi non vediamo l’ora che il fine settimana finisca, per tornare al lavoro. Per non vedere le persone alle quali vogliamo bene, perchè avere troppo tempo a disposizione ci fa paura”.

Gag, sketch. Risate. Grazie anche al napoletano che si presta bene al gioco, perchè è una lingua che le tiene dentro un po’ tutte. Elastica, duttile, musicale, bella.

Viene da ridere con le lacrime agli occhi e poi, un attimo dopo, si passa alla commozione quando Salemme lascia il suo pubblico ricordando che la “felicità è un dovere”. Un saluto a Firenze che lo ha accolto calorosamente prima di slanciarsi in un “Viva Napoli”, la sua città e subito dopo in un “Viva l’Italia”. Ultima messa in scena della commedia al Verdi questa sera, domenica 10 febbraio. Così l’attore e regista napoletano torna a far ridere e a far riflettere sul palcoscenico fiorentino, spirito guida di chi non sa quale strada prendere, di chi fa cinque passi indietro e mezzo in avanti. E rimane nelle sabbie mobili piuttosto che tentare il salto nel vuoto e magari essere felice. Parola di un povero Diavolo.

10/02/2013

Articolo tratto da http://www.intoscana.it/

 

 

 

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