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Cavallo a dondolo da caratello.

 

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Ogni volta che mi trovo davanti un cavallo a dondolo un so resistere: bisogna che ci “sarga”. Sopra un cavallo a dondolo, alla fine, posso andare in’do’ mi pare.  Ah, ah, ah. Come gli è bello “cavarcare” sull’onde della fantasia e trovarsi in ogni parte dì mondo.  “Chi unnà ma’ fatto? Arzi la mano!”.

Ah. Ah. Ah. C’è un vecchio seduto sulla panchina dì Campo di Marte, proprio d’innanzi alla Curva Fiesole, con la Nazione in mano. Legge le ultime pagine, poi sposta ì giornale, mi guarda con l’occhio guercio e  sputa per terra. Io gli passo davanti con ì mì cavallo a dondolo e mi sento proprio un ganzo. Un’ tocco nemmen terra perché viaggio a trenta centimetri dall’asfalto. Unnè molto ma l’è quanto basta perché, co’ì vento, e riesca a dondolare. Ah ah ah. Quanto rido mentre passo proprio dentro alla stazione di Santa Maria Novella e faccio ì chiasso in sella al mì potentissimo mezzo. Saluto i treni. Oh, quanto mi garbano i treni! E poi quelli  nuovi, che per salirci sopra ci vole ì leasing, sono ì massimo. Che l’avete visto come l’è forte quello ipermoderno che ti porta da Milano a Napoli? L’è proprio bello, c’ha i muso da squalo. E più che lo guardo e più che dico “’Sto treno e mi garba proprio un monte!” Ah ah ah. Me la rido perché la gente, a Santa Maria Novella, sembra cbe un mi veda. Ma io, invece, li rimiro ‘sti strulli che corrono, corrono, corrono. “Ma ‘do andate? Fermateveee!  – direbbero a Roma Termini  – “’Er Colosseo, sta de là. Da secoli ormai. E sta meglio dè voi!!!”.  Ma poi sto zitto, tanto e’ corrono uguale… Icchè tu ci vo’ fare, unn’ascoltano ì papa Benedetto XVI, unnà ascoltano Berlusconi e nemmeno Renzi e Domenici, tra qualche anno un daranno nemmen più retta a Pieraccioni e Ceccherini. Oicchè pretendo che ascoltin me?! Comunque se corrano, stavolta, unnè colpa di governo e dì debito pubblico ma di un meccanismo giapponese di artissima tennologia, venuto direttamente in Italia pe’ esse’ testato solo dentro quelli che abitano dove c’enno tante macchine, in’do passano i treni co ì muso da squalo e in dò sono que’ palazzi con sessanta famiglie. Infatti la gente schizzata, se vù ci fate caso, la sta tutta in città. I giornalaio infatti m’ha raccontato, in via riservata, che a quelli che campano in questi posti in do c’è parecchio casino gliè stato impiantato ‘st’aggeggio nello stomaco. Così corran tutt’ì giorno e un sentan la fatica. E possano andare a fare la spesa all’ipercoppe con 3650 casse, sta’ in coda alle poste con i mano i numero 1056  o lavorare tutt’ì santo giorno e poi star dù ore in macchina tra file e semafori pe’ tornà a casa. Tutta colpa dì tramme novo, dicono dalle mì parti. Ma io me ne frego!. Cammino a trenta centimetri da terra con ì mì cavallo a dondolo. Faccio da neci e vi dico ciao vi passo davanti, bischeri delle stazioni! Ah! Ah! Ahhh! Quante rido, quante sono divertito! Dondolare suì mondo mi fa impazzire e poi guardare giù da questa nuova prospettiva mi fa vedere tutto in maniera diversa. Innanzi infatti e mi sono accorto che in Via della Spada c’è una fessura nì muro che da di faccia alla Trattoria Marione. Lì c’era la mescita dì vino un tempo, l’ho letto d’in su la targa. Chissà quanto tempo fa però. Di sicuro prima dell’era Tavernello, dì metanolo e dì Brunello mischiato aì Sangiovese. Poerannoì, mi dico, alla fine si verrà pure a scoprire che il David l’hanno fatto co’ i polistirolo invece che co’ì marmo. “Oh, ridete poco, bischeri!  – guardate che le statue co’ i polistirolo le si fanno davvero. L’avete presente quella in piazza di Porta Romana, sì quella con quell’omo su‘ì capo in orizzontale. Ecco, quella lì l’è di polistirolo. O che l’avreste mai detto? Ditemi voi…”.  I’ mi cavallo a dondolo invece l’è di legno vero, nostrano. Non è che voglia sembrare Pinocchio a tutti costi ma me l’ha fatto ì mì nonno con le sù mani che di lavoro, ovviamente, faceva i falegname. Unnèera di Collodi però. No. No. Noi di famiglia siamo fiorentini, infatti ì mi poero nonno l’era di San Frediano. C’hai presente qui posto con la porta grande dove ci sono tutti quei ristoranti? Come si chiamano? Vai di lì, Vai di là, Via Vai, Vai Via. Un ci capisco più nulla. E poi quell’altro, quello caro che fa i pesce bono ma che ti ci vole il prestito finanziario prima di entracci, peggio che salire suì treno co ì muso da squalo. Come l’era ì nome? Fuori di qui, fori di là. No, forse Vai fori! Ah..no, mi sbaglio con quello di prima dove ci vanno i giocatori della Fiorentina. Quello dì pesce si chiama Fiori d’acqua…o For d’acqua…oddio mi mandan for di testa a me con tutti ‘sti nomi!. Invece aì mi tempi l’era più semplice. C’era Armido ì ciabattino, Gino l’orafo, la Bice che la metteva la frutta suì banco la mattina all’alba. E i nomi l’era più facile ricordasseli. 

Dondolo, dondolo. E mi gira ì capo. Forse gliè meglio fermassi, scendere, prendè in mano la cerbottana e sparare alla rificolona. E c’è solo un’ problema però…. Quando scendo e mi chiedo:  – O Firenze, in do tù sei? Oramai e un ti riconosco più…. Ah, Ah, ah!!!… Meglio che torni su ì mi cavallo a dondolo almeno, Firenze, a trenta centimetri da terra posso ricordammi di com’eri…..

 

                                                                                                                                Simona

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“http://linchiostrodelweb “ultima modifica: 2008-10-05T01:29:00+02:00da cri1950
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7 pensieri su ““http://linchiostrodelweb “

  1. E beh! …capisco il senso di questo racconto
    purtroppo la globalizzazione ci sta rendendo tutti uguali
    sia ben chiaro..non nei diritti e nelle condizioni economiche/culturali
    sta solo cancellando le nostre tradizioni locali…

    buona domenica
    Cristina & Simona

    PS E lo so…ultimamente sono un po’ assente!

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