“L’uomo vintage al mare: esemplare da evitare”

L’uomo vintage al mare: esemplare da evitare



Il vostro lui vi invita al mare. Cosa vi aspettate? Cena romantica al lume di candela con ristorante sulla spiaggia? O forse una giornata tutta relax e coccole su una spiaggia di sabbia finissima mentre degustate un cocktail in uno degli stabilimenti più glamour della costa? Eh, care mie, volete troppo….questi son sogni da dolci pulzelle…la realtà però è ben diversa. E io l’ho testata sulla mia pelle. Ecco com’è andata. Stufa dei soliti maschi che la sera prima di andare a letto si cospargono i bicipiti e tricipiti di crema idratante e si fanno disegnare le sopracciglia dall’estetista fino a sembrare i fratelli poveri di Diabolik- decido di lasciar da parte l’estetica e di “darmi” alla sostanza. Insomma, mi trovo un uomo con più cervello e più cultura e soprattutto uno che non si infastidisce se esce con il capello leggermente spettinato, tutt’altro. Lui mi viene a prendere a casa- come gli uomini vecchia maniera (e questo l’ho apprezzato) – con una sorta di relitto di una Suzuki Swift non catalitica che – tra l’altro- visti i divieti cittadini, non poteva transitare (e questa mica l’ho tanto apprezzata). Lui mi mostra fiero il suo bolide e tiene a precisare che questa bomba di auto l’ha comprata nel 1991 e non la cambierebbe con nulla al mondo. Io lo guardo come se fosse l’ultimo degli extraterrestri sceso sulla terra ma sono innamorata e provo a capire il suo ragionamento. Dovete sapere infatti che lui mi accusa di essere una maledetta consumista e che se il mondo va a rotoli è colpa di gente come me. “Può essere ma io caro mio – penso tra me e me – ma io almeno l’economia la faccio girare, non come te che ti intaschi centomila euro l’anno e te li metti in cassaforte”. Comunque, prendiamo l’autostrada: il bolide, non ci crederete, ma è munito di Telepass. Inseriamo una cassetta vecchia maniera, di quelle che se esce il nastro devi provare ad arrotolorarlo di nuovo con la penna Bic. Figuriamoci se cotanto esemplare di auto d’epoca poteva avere il cd. Fiuh! Lui cantava le canzoni di Bennato e si esaltava in particolar modo con “Il Gatto e la Volpe”, chissà con chi si identificava dei due.

 Cantando felice arriviamo a Cecina.

 

Parcheggiamo l’auto in una zona di sole. Io lo guardo e mi dico: “Ma questo è un vero deficiente, siamo in mezzo a una pineta infinita e lui piazza l’auto nell’unico spazio al sole che c’è?”. Resisto e sto zitta. Piuttosto metto sulle labbra il miglior sorriso, prendo le mie cose e chiudo la portiera con la delicatezza che avrei usato con lo sportello di una Porsche Chayenne. Noto che nel sedile posteriore c’era una tanica d’acqua. Un pò m’allarmo. “Mica avrà qualche problema meccanico?”. Decido di pensarci più tardi, alla fine di quella giornata di mare.

 

Ci avviamo verso la spiaggia, procediamo all’ombra di secolari pini per qualche minuto, poi ci siamo.

Il mare, il profumo della natura, il salmastro che si faceva sentire subito forte sulla pelle. Avevo dimenticato tutto.

 

Tiro fuori dalla mia borsa il telo da mare, rosa e giallo, di D&G. Lo stendo a terra. Cerco il solare. Vedo con la coda dell’occhio lui. E’ accanto a me, intento ad aprire l’ombrellone. Quando lo fa vorrei scomparire.

 

Sembrava devastato da colpi di carabina. Il fusto bianco era totalmente arrugginito, il telo presentava dei buchi perfettamente rotondi sembravano quasi fatti con il compasso, i cui contorni erano macchiati, anch’essi del marrone terra bruciata misto ad un arancione andato a male tipico della ruggine. Insomma, il cappello dell’ombrellone pareva un vestito a pois de no’attri. Pareva fosse rimasto lì, su quella spiaggia, da secoli a beccarsi le mareggiate, le alghe, il vento, la tempesta, la sabbia, l’umidità e il sole che l’aveva reso tristemente giallognolo.

 Stavolta non riesco a stare zitta, tanto che anche l’ombra sulla sabbia era a pois, il sole filtrava dispettoso tra i buchi nella tela dell’ombrellone. “Andreino ma un ombrellone costa dieci euro, se me lo dicevi te lo compravo io! – ci ride dietro tutta la spiaggia!”.

Lui si stizzisce: “E perchè mai? Mica è rotto, lo tengo finchè dura”.

Secondo me era da un pò che quell’ombrellone aveva preso la strada del paradiso ma la mia era una battaglia persa in partenza. Non provai neppure a convincerlo. In fondo era nel suo stile e faceva perfettamente pendant (si pronuncia pan dan – così capite tutti!) con l’auto.

 

Io mi metto a prendere il sole. Lui legge il Corriere della Sera e non quello dello sport come avrebbero fatto tutti i suoi predecessori al mio fianco. Poi decide di farsi un bagno.

 

Lo guardo dalla riva. Nuota bene, in maniera elegante. Io rischio di cuocermi sotto al sole pur di non posizionare la mia reale testolina sotto all’ultimo degli ombrelloni della terra, l’ombrellone più povero al mondo. Rimpiango le mie estati in Versilia, il ping pong vicino alle altalene, la cabina e la doccia calda con la moneta.

 

E lì ti ci voglio. Lui infatti a fine giornata mi esprime il suo desiderio di rimanere a cena al mare. Io acconsento e provo a convicerlo a prendere un gettone in uno stabilimento vicino. “Facciamo una doccia – gli dico – ci cambiamo e andiamo a cena”.

Lui ride e non risponde. Ripercorriamo la pineta per tornare verso l’auto. E lì un’altra sorpresa. Ha dimenticato le chiavi del bolide inserite nel quadro dell’auto. A quel punto sono disperata. Questo – mi dico – un taxi per arrivare alla stazione e tornare a casa non lo prenderà mai.

Lui non si arrende. Torna lesto in pineta, prende un lungo legnetto stretto e flessibile. Lo fa passare dalla fessura del finestrino che aveva volutamente lasciato aperta per far passare un pò d’aria (tanto – detto tra noi – nessuno avrebbe mai avuto la tentazione di appropriarsi indebitamente del suo Suzuki) e dopo un pò di tentativi riesce ad aprire l’auto.

 

Il ragazzo (chiamiamolo così – c’ha già quarant’anni suonati) è concreto, non si perde d’animo e centra l’obiettivo.

 

Tiro un sospiro di sollievo, apro lo sportello e mi infilo in auto. Andrea mi si avvicina. “Che fai, non facciamo la doccia?”.

“La doccia? E dove? Il primo stabilimento è a 2 km, mica vorrai andare a piedi?” – chiarisco subito.

Lui si spiega meglio e mi indica la tanica d’acqua sul sedile posteriore. Io non voglio credere ai miei occhi. No, non ci voglio proprio credere.

 

Rimango senza parole.

Lui intanto prende una lunga corda che culmina con una sorta di arpione. Lo osservo, non riusciendo bene a capire cosa vuol fare con quella corda e l’arpione.

 

“Su, su vieni” – mi esorta.

 

E si dirige verso la pineta, nuovamente.

 

Lì, si trasforma in un cow boy al lancio del lazzo. Centra il ramo di un albero. Si assicura che l’arpione tenga bene. Tira su la tanica e poi chiede il mio aiuto. Adesso lentamente fai scendere l’acqua e io mi lavo.

 

Ho tirato tutti gli accidenti del mondo. Mi sono rifiutata per dieci volte, ho provato a convicerlo mentre tenevo in mano quella maledetta corda. Mi sentivo un’idiota in mezzo a una pineta con un deficiente vintage che si rifiutava di utilizzare una doccia vera e preferiva fare il fauno sotto l’acqua in mezzo ai pini marini.

 

Alla fine presa dalla disperazione e con l’unica voglia preponderante in quel momento – ossia tornare velocemente a casa – lascio calare l’acqua dalla tanica mentre lui si toglie il salmastro dalla pelle come un orsetto lavatore. “Meno acqua, più acqua – ferma con l’acqua – adesso puoi ripartire” – mi aveva preso per una donna – rubinetto.

 

Finalmente la tanica si svuota e lui mi dice soddisfatto: “Era caldissima. Non a caso stamani ho parcheggiato l’auto sotto al sole. Avevo preventivato tutto, sono un genio o no?”. “Te sarai pure un genio caro mio, ma a me dopo oggi Cenerentola mi fa un baffo! “.

 

Morale: diffidare dagli uomini vintage che leggono il Corriere della Sera e muniti di Suzuki Swift. E se vedete una tanica nel sedile posteriore fuggite finchè siete in tempo.

 

Gli oggetti riportati nel seguente testo (ombrellone e auto) oggi sono esposti al Museo della Memoria di Cecina Mare e sono al vaglio della Soprintendenza alle Belle Arti per il restauro.

 

Andrea ha optato per le due ruote e passa le giornate alla ricerca dei benzinai con la miglior offerta per la senza piombo.

 

Nel frattempo si è “accompagnato” con una senza tacchi a spillo, senza pushup e senza meches. Ma questo era scontato.

 

Adesso apre felice ombrelloni rugginosi insieme alla sua dolce metà, nella spiaggia libera di Viareggio. Almeno fino a quando il sindaco non se ne accorgerà e firmerà un’apposita ordinanza per la chiusura del nuovo ombrellone arrivato direttamente dal Paleolitico.

 

“Caro mio Andrea – sarebbe oltraggio al pubblico decoro”. E con una Spillo&pushup woman non ti sarebbe mai successo.

 

Meditate uomini, meditate.

http://spilloepushup.wordpress.com/2012/07/28/luomo-vintage-al-mare-esemplare-da-evitare/


Un ringraziamento all’autrice per la gentile concessione!!

 

“L’uomo vintage al mare: esemplare da evitare”ultima modifica: 2012-07-28T17:36:28+02:00da cri1950
Reposta per primo quest’articolo