” Per gentile concessione….”

 Oggi il tempo per scrivere e pensare non c’è quindi ho “Rubato”da http://apiedinudinellamore.myblog questo stralcio di romanzo. Ringraziando l’autrice e a voi dico buona lettura se vi va……….

 

“Un caffè grazie, macchiato”. Ginevra è nel bar appena sotto l’ufficio, in una mattina afosa e dall’aria irrespirabile.

 Si toglie dal collo il foulard azzurro tagliato da righe oblique di un blu intenso, in tono perfetto con la  camicia. Si sente come avvolta da un senso di soffocamento. “Dev’essere il caldo” – pensa mentre infila distrattamente il foulard in borsa e si appresta a gustare il suo caffè. Un toccasana per la sua pressione sempre troppo a terra. Un po’ come il suo umore negli ultimi tempi . Si sente come se dovesse sempre rincorrere qualcosa. Il bello è che stavolta, a differenza delle mille altre nella sua vita, non sa bene cosa stia rincorrendo. E’ semplicemente in volo libero. Ma non c’è una direzione. Non adesso. Non c’è Leonardo con cui condividere i giorni neri, la notte, i sorrisi, le paturnie, i giorni, la bottiglia di acqua naturale. C’è solo il lunedì che arriva. E lei sa già che il lavoro sarà il suo unico e solo grande pensiero di tutta la settimana. Scrivere. Scrivere. Scrivere. Dalle nove e mezza del mattino alle sei. Tornare a casa, farsi una doccia pensando che l’acqua porterà via con sé la stanchezza. Ma quasi mai è così. Le sere di Ginevra sono fatte di una cena, una telefonata e via a letto. Un buon libro o un dvd. E il martedì la solita inevitabile tiritera. Fino al venerdì. Poi il week end che corre via veloce. E una nuova settimana da vivere che spesso ha il sapore di quella vecchia. Stessi gesti, abitudini. “Odio la quotidianità. Mi sta uccidendo” – pensa Ginevra mentre fa fatica a buttare giù il caffè bollente. Vorrebbe fare forca al lavoro e farsi un bel giro per i musei. O magari andare allo stadio a vedere gli allenamenti della Fiorentina. In mezzo ai vecchi che sembrano allenatori fuori campo. Su qualche vecchia panchina rugginosa. “Icchè tu dici. Che lo fa giocare Pazzini?”.  “Bah, ma che ti garba così tanto? Gliè ancora giovane. E ci vole uno con un piùe di esperienza”. “E ci sanno gli attaccanti boni. Stiamo carmi””. A Ginevra piace stare con i fiorentini del bar Marisa. Proprio di fronte all’entrata del Franchi.  Sono vecchi simpatici e per loro i pomeriggio non è ì solito se non si chiacchiera un po’ della Fiorentina. E se un’ si guarda l’allenamento. Da lì lo capisci chi farà giocare il mister la domenica.  

Svegliarsi la mattina e decidere cosa puoi fare della tua giornata è una delle cose più succose della vita. Bellissimo. Ultimamente però Ginevra si sente  vittima del lavoro, dello stress, del soffocamento di quei giorni tutti troppo uguali. “Non voglio prendere ferie. Non voglio andare in vacanza. Non voglio nemmeno non andare al lavoro. Desidero solamente salire in ufficio. Scrivere un bell’articolo, uscire alle due con il viso rilassato e non con le solite due occhiaie violacee di chi sta tutto il giorno davanti al pc e il pomeriggio far forca. Quanto mi piacerebbe!” – pensa. “Invidio Leonardo – rimugina Ginevra mentre cerca le chiavi dell’ufficio nella borsa – Lui non si è fatto prendere dal sistema. Lui dipinge due giorni sì e una settimana no. Non ha le mie occhiaie ed è quasi sempre rilassato. Ha tempo di suonare la chitarra, di giocare a calcetto, di leggere libri, di andare alle mostre, di vedere gli amici, di andare in biblioteca, di gustarsi un film al Warner Vllage il pomeriggio alle sei quando non c’è nessuno. Decide lui quando prendere la matita in mano. Decide lui quando staccare la spina. Dicono che la vita degli artisti sia sregolata, ma la mia è forse meglio della sua? Dove stai correndo Ginevra? C’è il sole fuori”. Trova le chiavi. Le guarda. Sono sul palmo aperto della mano. Tutti corrono per strada. Molti uomini in giacca e cravatta. Donne con la borsa a tracolla e già trafelate alle nove del mattino. I turisti, invece, siedono rilassati ai tavolini dei bar. Per loro il tempo del cappuccino può essere infinito. Non hanno il cartellino da timbrare. “E io faccio forca. Come a sedici anni. Come un artista dalla vita sregolata”. Getta le chiavi in borsa. E si avvia verso il parcheggio. Sa già cosa farà. L’attende il sole dei campini vicino allo stadio. Il cono crema alle mele e panna della gelateria all’angolo della Ferrovia e qualche momento passato con Piero, l’uomo con la barba che le ha fatto amare il giornalismo. “Quante pacche sul collo mi ha tirato perché si sentiva il mio accento fiorentino mentre parlavo” – ricorda lei. E chissà se c’è ancora il vecchio Sergio all’entrata della tribuna”. Il tempo non la rincorrerà oggi. Oggi si è presa una pausa. L’odore dei tigli è nell’aria. E da solo basta a trovare la direzione.

” Per gentile concessione….”ultima modifica: 2008-06-09T19:38:00+02:00da cri1950
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