Ieri leggendo il giornale sono “INORRIDITA”dall’articolo scritto di Vincenzo Pardini dal titolo” “Un povero cane in agonia e la chiamano arte”…..L’arte dovrebbe sublimare la vita, non la morte. Non si è ancore spento l’eco di riprovazione nei confronti del sedicente pittore Varga alias Habacuc e della sua mostra tenuta alla Galleria Codice di Managua in Nicaragua dove compariva un cane in carne e ossa lasciato morire di fame e legato a una corda. << Quei pochi che hanno cercato di prenderne le difese- mi scrive da La Spezia Virna T.- sono stati cacciati in malo modo e insultati.Vorrei che tutto ciò non fosse dimenticato>> Inutile dire che siamo dinanzi a una sequenza di autentica mostruosità, nella quale si condensa il peggio che può allignare nell’animo umano. Ma è purtroppo con questa realtà che dobbiamo fare i conti. L’indifferenza verso ciò che non sembra riguardarci e invece ci riguarda. Nell’agonia in diretta di questo cane che molta gente “intellettuale” ha osservato senza batter ciglio, forse scambiandola davvero per un nuovo modo di fare arte, non è difficile vederci l’agonia a cui ogni giorno vanno incontro specie animali e vegetali, e il pianeta stesso, senza che si faccia nulla di concreto. Un’agonia che, all’opposto di quella del povero cane, non avviene lontana da noi, ma nel nostro cortile e nelle nostre campagne e che non siamo capaci di vedere, perchè non sembra affare nostro nonostante sia in discussione la sopravvivenza della specie-uomo………(testo integrale ripreso dal quotidiano La Nazione)